Giuseppe Berto nasce a Mogliano Veneto il 27 dicembre 1914, secondo di cinque figli, il padre è un maresciallo dei carabinieri in congedo, la madre una negoziante di cappelli e ombrelli.
Compiuti gli studi liceali nel Collegio Salesiano Astori e nel Liceo di Treviso, si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Padova, e studia con maestri quali Concetto Marchesi e Manara Valgimigli.
Ben presto parte volontario per l’Africa Orientale, partecipando alla guerra di Abissinia, nel 1935, e combattendo come sottotenente in un battaglione di truppe di colore si guadagna un paio di medaglie al Valore Militare e qualche ferita.
Tornato in patria, nel 1939, riprende gli studi e si laurea abbastanza in fretta “anche per la benevolenza di certi esaminatori che gradivano il fatto che si presentava agli esami in divisa, ostentando le decorazioni al Valore Militare”, come lui stesso racconta nel Male oscuro.
Dopo la laurea insegna, prima Latino e Storia in un Istituto Magistrale, poi Italiano e Storia in un Istituto Tecnico per Geometri, ma ben presto lascia l’insegnamento e si arruola nella Milizia volontaria per la Sicurezza Nazionale.
Inviato a combattere in Africa Settentrionale, dopo essere stato incorporato nel 6° Battaglione Camicie Nere “M”, i fedelissimi di Mussolini, cade prigioniero il 13 maggio 1943 degli americani. È proprio durante la prigionia nel campo di internati in Texas che Berto inizia a scrivere.
Ha come compagni di prigionia Dante Troisi, Gaetano Tumiati e Alberto Burri, che lo incoraggiano a scrivere nella rivista Argomenti. Lì compone Le opere di Dio e Il cielo è rosso; quest’ultimo romanzo, pubblicato da Longanesi nel 1947, su segnalazione di Giovanni Comisso, diviene rapidamente un successo internazionale dopo aver vinto nel 1948 il Premio Firenze.
Escono, poi, nel 1948 Le opere di Dio, e nel 1951 Il brigante.
Trasferitosi a Roma, comincia a lavorare per il cinema: in questo periodo escono nel 1955 Guerra in camicia nera e nel 1963 il volume di racconti Un po’ di successo.
Berto nel 1958 cade in una grave forma di nevrosi, ne uscirà dopo tre anni di analisi quando compone Il male oscuro, che vince contemporaneamente nel 1964 il Premio Viareggio e il Premio Campiello. Si aggiungono poi il dramma L’uomo e la sua morte (1963), La fantarca (1964) e il romanzo La cosa buffa (1966).
Nel 1971 scrive il pamphlet Modesta proposta per prevenire e il lavoro teatrale Anonimo veneziano, ripubblicato come romanzo nel 1976. Con la favola ecologica Oh, Serafina! vince nel 1974 il Premio Bancarella. Dal dramma La passione secondo noi stessi, Berto matura l’idea portante del suo ultimo libro La gloria del 1978.
Si spegne a Roma il 1° novembre 1978. E’ sepolto a Capo Vaticano, Ricadi (VV).